Scuola di Medicina e Scienze Infermieristiche di Pamplona, Spagna
Il mio primo giorno al l’MD Anderson Cancer Center. Inizio presso il Supportive Care Center, chiamato “Clinic”. I pazienti provenienti dal loro domicilio (outpatient) vengono in questa struttura per rivedere la terapia, perché presentano sintomi mal controllati oppure per una visita di controllo. Stanno circa un paio d’ore e poi rientrano al proprio domicilio. Appena arriva il paziente, viene invitato a compilare la ESAS, una scala di valutazione di rilevazione dell’intensità dei sintomi, introdotta dal Prof. Bruera, attuale Presidente del Dipartimento di Medicina Palliativa, Riabilitativa ed Integrativa dell’MD Anderson.
In seguito, al paziente vengono rilevati i parametri vitali e viene pesato. Successivamente entra in una camera singola dove verrà fatto l’accertamento infermieristico e successivamente la valutazione medica. Tutte le camere sono molto confortevoli, con letto e poltrona e una televisione. Sullo schermo vengono presentati il reparto, i vari professionisti che ci lavorano e viene raccontato qualcosa di loro (cibo preferito, miglior film e libro).
Dopo la valutazione medica su richiesta del paziente o del medico, avviene il colloquio con il counselor per il sostegno psicologico. Presso l’MD Anderson si attivano le cure palliative precoci; questo significa che già dalla diagnosi al paziente viene presentato l’oncologo che lo seguirà nelle terapie attive per il trattamento del cancro e il palliativista che ne gestirà i sintomi. Con il passare del tempo, più il paziente sarà “end of life”, meno sarà presente l’oncologo e più il palliativista.
Ore 7:45am, Chief ’s Journal Club
È un incontro per i fellows (gli specializzandi) nello studio del “Chair”, dove il Prof. Bruera porta la discussione su una pubblicazione in letteratura. L’incontro dura al massimo un’ora. Tra le varie occasioni è quella più “intima”, con meno partecipanti. Oggi è il secondo giorno presso la Clinic. Ho avuto modo di seguire le infermiere e i counselor. Nella staff room c’è silenzio, un’atmosfera concentrata. Tutti sono assorti a scrivere al PC in quanto la cartella clinica del paziente è completamente informatizzata. Un aspetto che ho notato con piacere è che in caso di bisogno il paziente può contattare dal proprio domicilio il medico o il counselor 24/7, via telefono o in videochiamata durante il giorno.
Ore 12:00am, “PRIM Grand Rounds”
Tra i vari incontri è il più “grande” e si svolge in un’aula cui sono invitate a partecipare tutte le figure nell’ambito delle cure palliative. Le persone, accomodate in banchi, sono circa 40. Chi fa da speaker porta uno studio e vengono presentati i vari dati e il metodo tramite cui sono stati analizzati. Seguono la discussione, le conclusioni e varie domande da parte dei partecipanti. Durante questo incontro viene fornito il packed lunch e si pranza insieme. Terminato l’incontro, ognuno rientra al proprio reparto. La Clinic chiude alle 4pm, l’ultimo ad uscire è l’infermiere in charge, alle ore 5pm.
Ore 7:45am, Fellows & Faculty Staff Round
È un incontro tenuto da uno specializzando, che porta un caso clinico cui segue la discussione. È anche il mio ultimo giorno presso la Clinic, l’ambiente è sempre accogliente, musica classica in sottofondo, alle pareti stampe che ricordano ruscelli e fiori ed è poco affollato (quasi tutti i pazienti vengono su appuntamento). Ogni giorno le domande sono tante ma il tempo è limitato. La riflessione che più ha alloggiato nella mia mente è riguardante il dolore. Al paziente viene chiesto sempre qual è il suo goal rispetto al dolore: per qualcuno è NRS (Numerical Rating Scale – ndr) 3 ma per altri è addirittura 5. Il medico ci tiene a precisare che il dolore zero non è mai raggiungibile, se non con la quasi sedazione. In questo caso però, il paziente non è più in grado di svolgere le sue attività di vita quotidiana. Il paziente che arriva alla Clinic proviene dal domicilio, diversi di loro lavorano, quindi è fondamentale capire fino a che punto le attività quotidiane e quindi la qualità della vita vengano compromesse dal dolore. Per ognuno questo livello è diverso.
Ore 12am, Chief ’s Rounds
L’incontro viene tenuto dal Prof. Bruera. Si svolge in una stanza riunioni, tavolo al centro e sedie sui lati. Viene fornito il pranzo, su due fornelletti ci sono due teglie con carne e verdure al caldo. I discenti sono gli specializzandi e gli observer. Il Prof. Bruera è un grande esperto della materia ma alla mano e molto coinvolgente: entra e chiede “di cosa volete che vi parli?” una specializzanda risponde proponendo il “paziente con sonno disturbato”. Il Prof. inizia la lezione, completamente a braccio, in modo molto chiaro e preciso e aiutandosi con schemi alla lavagna. Il coinvolgimento è ottimo, pone domande al gruppo, fa riflettere, un’ora e mezza passa senza neanche accorgersene. Termino la mia ultima giornata alla Clinic, saluto tutti, sono stati molto gentili e disponibili. Nonostante il reparto abbia un bel carico di lavoro ed emotivo da gestire, il personale è sempre cordiale e calmo.
Acute palliative care unit. Reparto.
N° giorni medi di ricovero: 7.
8 PC fissi al bancone centrale, 6 PC mobili e 4 nella “hot room”, una stanza che funge da studio. Il reparto si presenta confortevole: il pavimento, le porte e diversi inserti sul bancone centrale e nelle stanze ricordano il legno, color marrone caldo. Alle pareti stampe che richiamano paesaggi marini. Musica classica in sottofondo. Le stanze variano in grandezza ma tutte hanno, oltre all’unità del paziente, un divano letto per ospitare il familiare e la televisione.
La cosa che mi ha più colpito è la “Communication Board”, che è presente in ogni stanza e dove vengono scritti il nome con il quale il paziente preferisce essere chiamato, il nome del caregiver, i goals, le informazioni/domande per il team, chi sono i professionisti che si occupano di lui/lei e come riconoscere gli operatori dalla divisa. Oggi siamo: 3 observer, 2 specializzandi e 1 medico, siamo in tanti quando entriamo nelle stanze, preferisco seguire l’infermiera. Alisya, RN. Texana, vive a nord di Houston, mezz’ora di macchina per arrivare al lavoro. Ha circa la mia età. È dinamica, disponibile, solare, i pazienti hanno piacere di rivederla. Il turno di lavoro è diviso in due: 7-19 e 19-7. Si lavora 3-4 giorni a settimana.
Durante le 12 ore ci sono 3 pause, due da 15 minuti e una da 30. All’inizio del turno viene tenuto un briefing dalla Clinical Nurse Leader, che fa il punto della situazione dei pazienti e se c’è spazio esterna situazioni difficili che coinvolgono il professionista. La grafica di terapia è informatizzata: ogni infermiera, con le sue credenziali ha accesso alla cartella clinica dei 4 pazienti che segue. La “stanza della farmacia” consiste in una piccola stanza con un dispenser per le compresse e qualche endovena. Anche questo è informatizzato, si accede tramite il display con badge ed impronta digitale; così facendo si apre il cassetto in corrispondenza del farmaco che bisogna prendere. Riguardo gli antibiotici o altra terapia endovenosa, la farmacia dell’ospedale li fa recapitare in reparto ed il farmaco è nominativo.
Acute palliative Care Unit
Secondo giorno. Questo reparto fa da transito tra l’ospedale in “acuto” e l’Hospice, al domicilio o in struttura. Ore 12pm, Clinical Leadership Rounds L’incontro è tenuto da un medico strutturato, il Dr. Epner e l’argomento è la risoluzione dei conflitti tra colleghi. Inizialmente è stato chiesto a tutti noi di scrivere su un foglio una situazione che ci viene in mente quando pensiamo ad un conflitto e le sensazioni che proviamo. Da lì in poi inizia la discussione. Verso l’1pm c’è il secondo briefing, si fa il punto della situazione insieme a tutti i professionisti presenti. Curiosità: dalle ore 1pm alle 3pm vengono abbassate le luci del reparto e il personale cerca di lavorare con più calma (escluse le urgenze, ovviamente), questo per diminuire il rischio di burnout degli operatori.
Ultimo giorno presso la Unit. Già dal mattino vengo a sapere che Caroline è morta nella notte. Caroline era una paziente di 32 anni con 3 figli. Dopo diversi giorni presso la Unit finalmente era riuscita a tornare a casa come da suo desiderio, con il servizio di home hospice. Era stata una difficile dimissione, in termini di gestione logistica e farmacologica ma almeno Caroline è riuscita a realizzare il suo desiderio. A casa è stata 2 giorni. Oggi in reparto ci sono due specializzandi, uno canadese e uno della Florida. È bello poter parlare tra persone di diversi paesi, riflettendo sulle diversità ma anche sui punti in comune.
Mobile Team
Jaya, medico specializzando, 3 figli. È indiana ma ha studiato in New Mexico. È stata medico internista per 11 anni, poi ha deciso di tornare all’Università per specializzarsi in cure palliative. Sono con lei ed Erika, una observer argentina. I “Mobile Team” sono composti da professori, specializzandi o nurse prescribers che fanno consulenza sulla gestione dei sintomi ai pazienti nei vari reparti dell’ospedale. Ore 12pm PRIM Grand Rounds (“lunch provided”, ricorda la mail di promemoria) Siamo circa una quarantina, la presentazione è tenuta da una specializzanda sullo studio pubblicato nei mesi scorsi riguardante l’uso delle benzodiazepine. Finito l’incontro si ritorna dai pazienti. All’inizio della visita viene consegnata la famosa scheda di valutazione ESAS che il paziente compila. Alla visita successiva, spesso già il giorno dopo, viene ritirata e ne viene consegnata una nuova, in modo da monitorare l’andamento dei sintomi e focalizzarsi su quelli prioritari per la persona.
ore 7:45am, Fellows & Faculty Staff Rounds
La presentazione è tenuta dalla specializzanda Kim. Ha portato un interessante caso clinico di un paziente con una massa tumorale all’encefalo, infiltrante. Terminato l’incontro, con Jaya andiamo a visitare i pazienti. Iniziamo con 4 pazienti in ginecologia, in seguito un paziente in terapia intensiva e uno in medicina. Tutti i reparti (ad esclusione della terapia intensiva e pronto soccorso) sono costituiti da 12 posti letto e un’infermiera ogni 4 pazienti al massimo. Ogni stanza è singola.
Ore 12pm Chief’s Rounds.
L’incontro è tenuto dal Prof. Bruera. “di cosa volete che vi parli oggi?” Uno specializzando, indicando le varie foto sul muro, chiede di raccontarci le loro storie. Le sei persone sul muro sono le persone secondo Bruera più importanti nella storia delle cure palliative. È curioso notare come provengano da vari paesi del globo e che prima di diventare palliativisti erano anestesisti interventisti, oncologi, infermieri e assistenti sociali. Fa riflettere il fatto che tutti loro avessero in comune una mente molto aperta, illuminata, pensassero fuori dagli schemi, ben oltre quello che la società considera come “giusto”. Dopo questo argomento, il Prof. Bruera afferma “questa domanda era facile, adesso andiamo a una più difficile”. Si è parlato di soddisfazione del lavoro, da cosa dipende, quali sono i vari fattori e quali di questi dipendono da noi, per terminare con quali situazioni portano ad un incremento del rischio “burnout”.
Ore 7:45am, Fellows & Faculty Journal Club
L’intervento è tenuto dalla specializzanda Astrid che consegna a tutti la stampa di una pubblicazione riguardante il trattamento del delirium (stato confusionale acuto, ndr) nei pazienti adulti ospedalizzati, utilizzando gli antipsicotici. Insieme al Prof. Bruera si discute l’articolo. Ultimo giorno da observer, chiedo di poter seguire la advanced practice nurse. Si chiama Annie, è una infermiera esperta, lavora da quasi 40 anni, ha lavorato in molti reparti diversi e negli ultimi 10 anni lavora come prescriber nurse. Per diventarlo è necessario studiare all’università due anni e mezzo in più. La nurse prescriber può prescrivere farmaci con alcune restrizioni (per esempio non farmaci narcotici) e lavora per lo più in autonomia valutando i pazienti con colloquio, esame obiettivo e prescrizione della terapia. All’interno del team, tra i medici strutturati, gli specializzandi e gli infermieri “prescrittori”, c’è una costante comunicazione via mail. Sono circa 100 le mail giornaliere che vengono ricevute, mi spiega Li, la advanced practice nurse che seguo nel pomeriggio. È cinese, ha studiato in Cina dove ha anche lavorato 4 anni, poi, alla ricerca di maggiori opportunità si è trasferita negli Stati Uniti, in Texas. Oggi è il mio ultimo giorno da Observer.
23rd Annual Interdisciplinary Conference on Supportive Care Hospice and Palliative Medicine
Ore 7:15am, Registration and breakfast.
La conferenza è ubicata nell’auditorium all’11° piano del main building. È strutturata in sessioni plenarie e workshop. A questa conferenza partecipano tre featured speakers, una dottoressa dell’Harvard Medical School, una dottoressa della Univerity of Rochester e il Prof. Bruera. Nell’auditorium ci sono vari professionisti, diversi infermieri e medici ma anche psicologi e altri professionisti, tutti molto cordiali e alla mano (niente posti riservati nemmeno per i relatori). Tre sono gli interventi che mi hanno più interessata. Uno è sicuramente quello del medico Jennifer Temel di Harvard. Nel 2010 è stato pubblicato un suo studio che ha fatto la storia nelle cure palliative, in cui parla dell’integrazione tra cure palliative ed oncologiche nei pazienti con cancro avanzato. Il secondo intervento è della dottoressa Karen Mustian e riguarda lo Yoga come trattamento di supporto per la tossicità correlata alle cure. Veramente interessante, ha anche menzionato la mindfulness. Il terzo workshops è “ridere è la migliore medicina” con tanto di tecniche ed esercizi da fare a casa!
Secondo e ultimo giorno della conferenza. Gli interventi a mio parere più stimolanti sono stati in particolare tre. Il primo è tenuto da una infermiera (già conosciuta presso la Unit) e riguarda cosa aspettarsi nell’ultima settimana di vita del paziente. È stato un intervento davvero illuminante, non ci sono state nozioni nuove ma condividere pensieri e riflessioni mi ha fatto sentire parte di un tutt’uno; non solo il morire è universale ma anche le difficoltà dei familiari, pazienti e sanitari sono universali. Il secondo è un workshop alternativo, tutto basato su spezzoni di film, dai quali a gruppi si discute riguardo l’empatia. Il terzo invece riguarda come creare un buon programma di ricerca.
Testi di Eva Paoletti
Foto di @Eva Paoletti
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